Oltre la superficie: il vento supporta l'ecosistema marino nel contesto dei cambiamenti climatici

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novembre 26, 2025
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Trieste significa, da sempre, vento. Passanti aggrappati a corde o altri supporti per non volare via, ombrelli rovesciati e spezzati, autobus che barcollano. Questa la quotidianità dell’inverno nella città sferzata dalla famosa Bora, un vento “catabatico” – cioè una corrente fredda che si sposta da un’altitudine maggiore ad una inferiore, per esempio discendendo lungo un pendio – proveniente da Nord-Est, nella regione dei Balcani, che si manifesta in violente raffiche di velocità anche superiore ai 100-150 km/h. Una forza, questa, sufficiente a sradicare alberi di altezza superiore ai 6 m e a deviare la rotta di una berlina media.
Bora di trieste
Una simile energia, però, non crea solo danni. Il vento di Bora è il motore di un importante fenomeno fisico che interessa l’Alto Adriatico: l’upwelling, cioè il rimescolamento verticale della massa d’acqua generato dal vento. Un po’ come quando si soffia sul tè caldo perché si raffreddi, il vento che spira in direzione opposta ed ortogonale alla costa spinge le acque superficiali verso il largo, richiamando quelle a maggiore profondità verso l’alto, facilitando il rimescolamento tra il “sopra” e il “sotto”. Se nella nostra tazza di tè questo permette il raffreddamento della massa più calda sottostante in risalita, nella colonna d’acqua succede l’esatto opposto, dato che le acque più profonde sono anche le più fredde. Lo scambio termico favorisce, così, la regolazione della temperatura superficiale, contrastandone il surriscaldamento.
Ciò assume enorme rilevanza nel contesto dei cambiamenti climatici, con particolare riferimento agli eventi estremi (ad esempio ondate di calore, trombe d’aria, perturbazioni intense, siccità), la cui frequenza sta aumentando in maniera preoccupante su scala globale: solo nel 2020 si è verificato il numero record di 30 cicloni tropicali e 14 uragani, di cui 7 di intensità forte o disastrosa, con un danno economico che ammonta a più di 50 miliardi di dollari e più di 400 vittime. Ciò è in larga parte riconducibile al riscaldamento della superficie degli oceani, stimata tra +0.4 e +0.6°C nel 2024 rispetto ai valori preindustriali. Tifoni, trombe d’aria, fino agli impressionanti cicloni tropicali ed uragani (arrivati ormai anche nel Mediterraneo sotto il nome di “medicane”) sono scatenati da forti gradienti termici verticali, cioè differenze di temperatura tra la superficie dell’oceano e l’atmosfera, che causano la rapida risalita dell’aria calda verso la fredda stratosfera, a circa 10-12 km di altitudine, generando vortici di aria fredda discendente e violente nubi temporalesche.
Più le acque superficiali si riscaldano, più il gradiente termico è forte, più i fenomeni sono violenti e frequenti. Il vento di Bora, mitigando localmente l’innalzamento della temperatura del mare, contribuisce ad interrompere questa escalation.
ciclone
Oltre alla regolazione termica, il rimescolamento verticale delle acque ricopre un’importanza centrale nel supporto della biodiversità dell’Alto Adriatico, con particolare riferimento alla fauna ittica. Ritornando all’esempio della tazza di tè caldo, immaginiamo di aver aggiunto dello zucchero; questo tenderà a risalire insieme alla “corrente” di tè che abbiamo creato soffiando in superficie, distribuendosi in modo omogeneo nel liquido. Ecco, lo stesso fenomeno si verifica nella colonna d’acqua, dove, naturalmente, non è lo zucchero a risalire, bensì una miscela di nutrienti inorganici e materia organica parzialmente decomposta (definita come “detrito organico”) che normalmente si accumula nelle acque profonde per gravità e che si rende così nuovamente disponibile per la fauna che sta in superficie. Nei giorni di Bora, il Golfo di Trieste si trasforma in un vero e proprio banchetto per gli organismi plactonici - cioè tutti quegli organismi autotrofi ed eterotrofi che vivono sospesi nella colonna d’acqua, come diatomee, foraminiferi, copepodi - che assimilano rapidamente l’eccesso di nutrienti e che, proliferando, attirano a loro volta una ricchissima diversità di pesci planctofagi (acciughe Engraulis spp., sardine Sardina spp., sgombri Scomber scombrus) e, a ruota, predatori (tombarello Sarda sarda, pesce serra Pomatomus saltatrix). Ne consegue, così, un sensibile aumento sia nella biomassa sia nella ricchezza in specie, supportando in maniera significativa la comunità biologica dell’Alto Adriatico.
Va da sé che il fenomeno susciti uno spiccato apprezzamento da parte dell’industria ittica locale, le cui catture sono costituite per il 41% da acciughe e sardine, tipicamente abbondanti successivamente agli episodi di upwelling.
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Tuttavia, la bora e i suoi benefici per l’ecosistema dell’Alto Adriatico potrebbero non durare ancora per molto. Secondo uno studio del 2021 pubblicato sulla rivista Atmosphere da un team di ricercatori del Servizio Meteorologico e Idrologico della Croazia, entro il 2070 è prevista una diminuzione netta del numero di giorni di Bora invernale, mentre si attende un aumento nel periodo estivo. Questa “inversione”, giustificata secondo gli autori dall’alterazione delle dinamiche tra sistemi ciclonici ed anticiclonici del Mediterraneo in conseguenza ai cambiamenti climatici, potrebbe pregiudicare la naturale ciclicità del fenomeno dell’upwelling a cui le specie si sono adattate. Infatti, molti importanti fenomeni biologici legati alla riproduzione e all’approvvigionamento del cibo sono sincronizzati con i periodici episodi di upwelling risultante dalla Bora, che scandisce la stagionalità degli eventi riproduttivi per numerose specie planctoniche ed ittiche dell’Adriatico, tra cui meduse, sardine ed acciughe. In assenza dell’upwelling, verrebbero meno le condizioni ottimali per la sopravvivenza di queste specie, soprattutto in stadi vitali critici come quello larvale, con importanti ripercussioni sulla biodiversità di uno degli ecosistemi più produttivi del bacino Mediterraneo.
D’altro canto, una riduzione degli episodi di Bora potrebbe compromettere il fondamentale meccanismo di regolazione termica che mitiga il riscaldamento delle acque superficiali, lasciando via libera a fenomeni meteorologici estremi, con gravi impatti socio-economici ed ambientali, ed esponendo gli organismi marini al grave stress associato all’innalzamento delle temperature.
La mitigazione dell’impatto climatico di origine antropica appare, perciò, quantomai indispensabile per salvaguardare i processi di regolazione termica e supporto alla biodiversità legati all’upwelling, al fine di preservare la resilienza e la stabilità dell’ecosistema Alto Adriatico in un contesto climatico sempre più mutevole. Bora significa ricchezza di nutrienti, vita, resilienza. E, occasionalmente, ombrelli spezzati.

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